La corriera che da Padova porta a Saonara scivolava sul grigio delle strade come una pallina di vetro blu ciccata sul piano inclinato di una pista scavata nella sabbia. Dai finestrini umidi di pochi respiri ancora assonnati, arrivava l’immagine deforme di una campagna che aveva perso la sua identità e barattato quel vigore di quando ero bambina con un’imbarazzante spossatezza dai toni pallidi e confusi. Gli edifici avevano divorato gran parte dei terreni che un tempo parevano sconfinati e là dove sellavo cavalli immaginari e nascondevo zolle di terra nel fienile della vecchia casa dei nonni, sostavano cartelloni pubblicitari che mostravano volti plastificati di uomini pronti a cambiare il futuro del mondo. Tutt’intorno, la natura, silente e guardinga come un cane addestrato alla difesa, era pronta per la muta autunnale.
